Tutti i venerdì CantinaSocial ti racconta la regione vitivinicola più piccola della Francia, l’Alsazia!
Questa volta abbiamo avuto il piacere, e che piacere, di assaggiare i vini di Domaine Jean-Marie Haag.
La cantina, situata a una ventina di chilometri sotto Colmar, ha le vigne in una stretta vallata detta Vallée Noble. Merito del connubio clima-terreno ai piedi dei monti Vosgi l’area fresca e ventilata, perfetta per produrre vini di elevatissima qualità. Si trova infatti in questa zona il Grand Cru Zinnkoepflé.
La zona è così vocata alla vinificazione che i primi segni di viticoltura risalgono all’11° secolo.
Qui sulle colline si trovano le vigne di Jean-Marie Haag, esposte a sud-sudest, il che permette una massima esposizione. Il terreno è calcareo e viene arato solo in superficie, così da permettere alle radici delle viti di cercare da sole i nutritizi, accentuando poi le qualità dei vini prodotti.
CREMANT D’ALSACE BRUT 2019

Questo metodo classico è un assemblaggio di Pinot Bianco, Auxerrois e Pinot Grigio. Il contatto con le fecce è di almeno 24 mesi. Dopo la sboccatura il vino riposa ancora in bottiglia un paio di mesi così da trovare il perfetto equilibrio.
Appena aperta questa bottiglia non ci ha stupiti moltissimo, al naso è abbastanza anonima e serve che si apra un po’ prima che tiri fuori note di pera, un fondo dolciastro di tiglio si alterna ad accenni di cannella. Nel calice le bolle sono fini e mediamente persistenti.
Il vero punto di forza però è in bocca. Un’acidità spiccata, quasi citrina, data dall’Auxerrois lascia spazio a un fondo amarognolo estremamente piacevole, pareggiato dalla consistenza quasi “setosa” delle bolle.
Si tratta di un vino beverino, che forse si può apprezzare anche a un paio di gradi in più dell’ottimale temperatura di servizio.
Non è estremamente strutturato per cui più ideale d’estate che d’inverno, soprattutto abbinato a un antipasto fresco. A noi è piaciuta così tanto che una bottiglia non basta, probabilmente l’unità di misura giusta è direttamente un secchiello.
Il piatto della tradizione piemontese che meglio si sposa è senza dubbio il vitello tonnato, e visto che siamo sotto Natale qui c’è anche la ricetta per prepararlo al meglio.
VITELLO TONNATO
Metto le mani avanti perché sono codardo: il vitello tonnato è un piatto ormai così famoso da essere stato fatto e rifatto, interpretato e personalizzato, che ormai è difficile risalire a quale sia LA ricetta originale.
Una delle cose più belle della Cucina è proprio la possibilità di interpretare una ricetta a cui rendere omaggio, sempre rispettandone le linee guida. C’è solo un fattore rilevante, il sapore.
Ovviamente l’animale è il vitello, i tagli usati sono il girello (quarto posteriore, con poco grasso e tessuto connettivo) o il magatello (che in realtà è lo stesso taglio, solo con un altro nome). Questo va inizialmente rosolato, poi bollito in un Court-Bouillon e infine fatto riposare in un canovaccio. Alternativa più moderna e tecnologica è la cottura a bassa temperatura in sottovuoto. L’importante è che, dopo esser stato tagliato a fettine sottili, si ottenga una carne rosata al centro.
Per preparare la salsa ci sono due strade: la ricetta all’antica o la versione moderna.
Per la versione delle nonne si uniscono rossi d’uovo sodi, acciughe (e non tonno che non esisteva in Piemonte nel 1700), qualche cappero, olio e sale, e schiacciando con una forchetta si otteneva una salsa grumosa e densa dal sapore parecchio deciso.
La versione moderna prevede principalmente l’unione di maionese, tonno, poche acciughe e capperi. Basta frullare il tutto con un minipimer per ottenere un prodotto all’altezza e perfetto per accompagnare il vitello. Premio bonus a chi fa anche la maionese partendo da zero.
Secondo noi è il piatto ideale da abbinare al cremant perché è una ricetta molto saporita e tendente al grasso, perfetta per essere pulita dalla bolla e dall’acidità del vino. In più si sposa bene la nota vegetale apportata dall’uso dell’Auxerrois nel blend.

RIESLING ALSACE GRAND CRU ZINNKOEPFLE 2018
Il riesling è un vitigno che ci piace quasi sempre. Questo Grand Cru, su un terreno di arenaria e calcare, dona al vino molta classe ed eleganza.
Il colore è giallo molto vivace e concentrato grazie a un leggero affinamento. Il naso è complesso e intenso, immediatamente spiccano i fiori bianchi cui seguono note mentolate, probabilmente derivanti dal terroir. Quando si scalda nel bicchiere compare una lievissima nota smaltata grazie alla quale si può giocare con alcuni abbinamenti più arditi.
Al gusto spicca l’acidità e la persistenza è lunga. È un vino elegante e l’elevato grado alcolico dona una certa larghezza al vino. Anche in questa bottiglia troviamo un piacevole fondo amaro, delicato e non invasivo.
Siamo campanilisti, però un piatto molto semplice che si sposa bene con questo vino, sono gli agnolotti burro e salvia.

AGNOLOTTI BURRO E SALVIA
Altro grande caposaldo della gastronomia piemontese, gli agnolotti sono una pasta all’uovo ripiena, solitamente, di vitello. Per il ripieno si usa un taglio della spalla, detto cappello del prete per via della sua forma triangolare e bombata, che viene cotto nel vino.
Per valorizzare il ripieno si tende ad utilizzare condimenti dai gusti non troppo decisi, come in questo caso il burro e la salvia, che però noi rivisitiamo leggermente.
A priori ci sono due preparazioni da fare: preparare una sorta di infuso portando a bollore dell’acqua in cui sono stati immersi salvia, alloro, sale e aglio (facoltativo), una volta a temperatura si filtra e si rimette sul fuoco perché qui cuoceremo i nostri agnolotti. Parallelamente creiamo il burro aromatizzato, basterà mettere in una terrina il burro con un trito di salvia e pepe, si cuoce in forno a bassa temperatura (60° per 40’) e quando il burro sarà ben sciolto si filtra e si lascia raffreddare.
A questo punto sarà sufficiente bollire nell’infuso di salvia gli agnolotti per non più di due minuti, poi li trasferiamo in una padella dove abbiamo già scaldato un’abbondante noce di burro aromatizzato e li lasciamo brasare, aggiungendo acqua di cottura se necessario, fino a creare una leggerissima crosticina. Dopodiché possiamo mantecarli con un altro po’ di burro e servirli in un piatto fondo.
Per i più audaci, come guarnizione si può sbriciolare della salvia essiccata, ottenuta mettendo alcuni ramoscelli, leggermente spennellati di olio, in forno a 190° finché non sono completamente secchi. Per i più pigri della salvia fresca tagliata sottile andrà benissimo lo stesso.
Anche in questo caso abbiamo un piatto sempre grasso, che ben si sposa con l’acidità del vino, ma con più struttura che è perfetta per bilanciare questo riesling del 2018.

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