L’evento nasce dalla volontà di avvicinare i consumatori al mondo del vino naturale e di tutta la filosofia che sottende a questo movimento in costante crescita (secondo l’IWSR si arriverà a produrre due miliardi di bottiglie naturali entro il 2023).
Proprio per questo sono stato stupito di trovare tra gli espositori Fontanafredda e Borgogno, non esattamente i primi due esempi di produttori naturali che mi sarebbero venuti in mente.
Partiamo da lontano.
Vino “naturale” non è una denominazione che abbia alcun valore di legge e che sia in alcun modo riconosciuta. Ciononostante si usa solitamente per indicare i vini prodotti seguendo delle accortezze, sia in vigna che in cantina, che richiedono di rispettare standard e limiti di impiego di sostanze chimiche di origine sintetica ancora più restrittivi della certificazione biologica. Spesso viene associato alla viticoltura biodinamica, disciplina di allevamento che prende direttamente spunto dalle teorie di Rudolph Steiner codificate nel 1924 e che prendono in considerazione anche altri elementi come la posizione degli astri e della luna.
Quindi se è vero che tutti i vini naturali sono anche biologici, non è assolutamente detto che i vini biologici siano anche naturali (stoccata numero uno a un paio di produttori che hanno tentato di dirmi che i due fossero sinonimi).
Poi: naturale non è una definizione riconosciuta dalla legge, questo è vero, ciò non vuol dire che non esista un disciplinare o una certificazione e che ognuno possa fare un po’ quello che gli pare purché “si senta naturale dentro” (stoccata numero due, tiè).
Da anni Demeter pubblica il loro strettissimo disciplinare e permette solo a certi produttori, che rispettano gli standard estremamente restrittivi imposti (ad esempio un impiego massimo di 70 mg/L di solforosa nei rossi, l’attuale limite imposto dalla legge è di 150mg/L), di fregiarsi del loro marchio. Ovviamente i vini naturali non sono esclusivamente quelli certificati Demeter, ma diciamo che quello è un gran bel bollino di qualità.
Indovina di 50 produttori di un evento incentrato sui vini naturali, quanti si avvicinavano a qualcuna di queste definizioni? Tre o quattro a essere gentile.
Vabbè, supero lo scoglio ideologico di essere ad un evento sul vino naturale con poco vino naturale, biologico perlopiù, e mi appronto ad assaggiare e conoscere quante più cantine possibile.
C’era tutta una sezione dedicata ai vini del resto del mondo. Primo giorno dell’evento, alle 19 era finito tutto. Sigh. Colpa mia, sono arrivato tardi.
Ripiego sull’Italia. Dei 50 produttori questi sono quelli che mi sono piaciuti.
Già li conoscevo perché fanno anche parte del progetto delle Sbarbatelle. Si può fare del buon vino, impiegando il minimo possibile di chimica? Si, e loro lo dimostrano.
In degustazione avevano il loro Cornalin Biolumì(nescence). Uno tra i vitigni più rappresentativi della regione vinificato in purezza e trattato con i guanti di seta, regala un vino carico e saporito. Estremamente profumato, complice il freddo, restituisce un vino di struttura davvero piacevole.
Oltre avevano il Grignolino La Pergola, vitigno che io personalmente apprezzo in generale, tanto più quando realizzato così bene. Nota di merito: solforosa totale a 27 mg/L e sono così fieri del vino che hanno creato che lo scrivono in etichetta. Nonostante questo un prodotto di una qualità eccelsa senza odori sconvenienti e dal sapore deciso e impeccabile.

Menzione d’onore a quello che presumo essere il fratello di Elisabetta, Matteo, che in piena sincerità dichiara “Oh, la mia barbera ha un’acidità volatile un po’ spinta, io non ve la farei assaggiare”. Abbiamo insistito, l’abbiamo assaggiata e devo dire, perfetta no, però comunque un’acidità abbastanza armonizzata da risultare ancora piacevole.
Bravoni.
TENUTA STELLA (Go)
Il Collio è patria di vini bianchi che si estende al confine tra Friuli e Slovenia. Qui c’è un terreno tutto speciale che si chiama Ponka, un terroir marnoso che vira al rosso quando ricco di ferro.
Tenuta Stella produce vini nella parte più alta del Collio dal 2009, prima di allora la famiglia ha gestito la Soffieria Stella, vetreria specializzata nella produzione di contenitori in vetro a Venezia.

In degustazione ho iniziato con la loro malvasia istriana affinata in parte in acciaio, in parte in tonneaux. Colpa mia, la malvasia è un vitigno che fatico ad apprezzare per cui non sono la persona giusta per esprimermi su questa bottiglia.
Poi ho assaggiato il loro friulano, ex tocai, abbastanza piacevole, con un fondo amarognolo piuttosto buono. Non eccezionalmente persistente, però compensa in facilità di beva.
Ultime due sono state la ribolla gialla e la sua riserve. Queste atomiche sul serio.
È difficile fare una ribolla di carattere. Tenuta Stella c’è riuscita, anche ricorrendo a tecniche insolite. La ribolla base affina per quasi un anno in tonneaux, la riserva fermenta in botti di rovere e poi affina due anni fra botti e tonneaux. Il colore è carico, il profumo estremamente armonico e in fondo lascia una punta di liquirizia. Buono pure questo.
FONTANAFREDDA E BORGOGNO
Di nuovo, non i principali esponenti del vino naturale, ma c’erano quindi tanto vale. Almeno sono biologici e certificati Equalitas.
Non ho assaggiato nessuno dei rossi perché li conoscevo già, ma devo fare i miei complimenti al Roero Arneis Biologico. Sapido e armonico nel gusto, l’acidità è ottima e al naso ha un profumo di miele d’acacia che lo rende davvero unico.

Che Farinetti fosse capace a fare vino, già si sapeva.
LE MORE BIANCHE (Cn)

In degustazione questa cantina ha portato una barbera base e una superiore. Interessanti entrambe, soprattutto la superiore che fa un affinamento in legno.
Davvero spaziale invece è stato il Nebiulin. Aldilà dell’etichetta molto carina, questo vino sapeva al 100% di pane burro e marmellata. Consiglio di provarlo per assaggiare un nebbiolo un po’ insolito.
Finiti questi produttori che avevano almeno uno o due prodotti interessanti, ci sono gli altri.
Ammetto che il mio progetto iniziale era sparare a zero su tutti, poi mi sono (un po’) placato.
So che dietro ogni singola bottiglia, soprattutto parlando di piccoli produttori, c’è qualcuno che si sbatte e che crede profondamente in quello che fa. E questo non può essere criticato.
Dall’altro lato però un vino difettato è, e resta, un vino difettato.
La scusa del vino naturale che puzza un po’ ha l’aria di una mossa commerciale per vendere del vino uscito maluccio al triplo di quanto vale.
Quella dei vini naturali è adesso una moda a tutti gli effetti, in ogni angolo sbucano enoteche naturali e nuovi prodotti che sembrano investire la maggior parte del budget nelle etichette piuttosto che nel vino.
Qui però la responsabilità sta a noi consumatori. Anziché rifiutarci di bere vini danneggiati ci ostiniamo a prenderli e ci facciamo convincere che gusti e sapori siano quelli adeguati. Il vino naturale fatto bene e soprattutto buono esiste. Possiamo migliorare.
D’altro canto mi chiedo, e non mi riferisco esclusivamente alla TWW, ma a tutti gli organizzatori di eventi che cavalcano questa moda, chi organizza questi eventi non fa una selezione? I prodotti e i produttori non vengono in alcun modo scelti?
Probabilmente io sono un sognatore e hanno ragione loro visti gli afflussi e le due giornate interamente sold-out.
E il vino naturale manco c’era.